Nota di Afap onlus sulle case di riposo presenti e previste nel territorio pordenonese

Pordenone, 23.12.2021

Nota di Afap onlus sulle case di riposo presenti e previste nel territorio pordenonese

Ageismo, orribile neologismo nella lingua italiana, nasce dalla discriminazione pregiudiziale nei confronti della popolazione anziana.

 Gentile Presidente Moras,

apprendiamo con preoccupazione l’intenzione da parte di codesta Giunta Regionale di implementare in modo importante i posti letto nelle cosiddette residenze protette.

Nel solo Comune di Pordenone si stimano 800 casi di persone affette da Demenza e, ad oggi, 550 circa, posti in struttura protetta: 220 in Casa Serena, 110 in Casa Umberto Primo e 220 presso la residenza Zaffiro. In più si pensa di costruire una residenza per 150 persone non autosufficienti nel quartiere decentrato di Villanova.

Premesso che, dopo la pandemia, tutti i documenti programmatici nazionali ed internazionali identificano come pericolose le grandi strutture, come potenziali focolai di trasmissione di qualsiasi virus, ci fa preoccupare, dopo quello che abbiamo visto in Lombardia, che la Regione FVG investa 9 milioni di euro in un sistema di presa in carico dell’anziano fragile ritenuto obsoleto.

Sappiamo che il Piano Regionale sulle Demenze si è arenato, e che la definizione del PDTA sulle demenze non vede la luce.

Ma, in questo momento, 23 dicembre 2021, la nostra preoccupazione principale è “veder spendere soldi pubblici costruendo contenitori” che nulla hanno a che fare con l’applicazione delle indicazioni del PNRR e con le indicazioni pubblicate dalla   Commissione Salute, presieduta da Mons. Paglia, voluta dal Ministro Speranza. Costruire una nuova casa di riposo è come finanziare nella nostra città un progetto per il viaggio sulla Luna, mentre ormai il resto del mondo vivrà sicuramente su Marte.

La nostra Regione ha sempre avuto una sanità pubblica eccellente, ma, da sempre, reticente nello sperimentare forme diverse di accoglienza per le persone anziane fragili. Negli ultimi 10 anni tutte le giunte ci hanno deluso.

I modelli di gestione delle case di riposo sono cambiati, forse, ma di fatto nulla di nuovo è stato prodotto sul territorio.

Abbiamo l’occasione di spendere 9 Milioni di euro, confidiamo non sia l’ennesima occasione di rinnovamento perduta.

La Commissione, presieduta da Mons. Paglia, ha prodotto diversi documenti e tutti vanno nella stessa direzione: dismettere le grandi strutture, mettere al centro la persona, implementare i servizi territoriali e gestire il più possibile la persona a domicilio.

Anche il tema della morte in famiglia, e non in strutture asettiche, sta riprendendo vigore.

La Commissione – si legge nella nota sull’approvazione del documento – congiuntamente ai diversi portatori di interessi – associazioni, sindacati, aziende, mondo del volontariato – sente la necessità di ribadire con forza alcune importanti questioni: la pandemia ha rivelato, come abbiamo più volte sostenuto, sostanziali fragilità di sistema che sono alla base della strage di anziani e dei più deboli. È ora di compiere un salto ed un passaggio culturale di grande importanza: il COVID-19 ci ha insegnato che il territorio è decisivo, che le case delle persone anziane sono il teatro vero della battaglia per una sanità diversa, leggera, proattiva, che non aspetta i pazienti comodamente seduta al riparo delle istituzioni, ma li cerca e si muove verso di esse”.

“Sentiamo la necessità – avverte la nota – di un servizio sanitario che sappia offrire l’intero spettro dei servizi, da quelli di rete e prossimità, di lotta alla solitudine e di prevenzione, a interventi domiciliari di sostegno sociale e sanitario continuativo, alla semiresidenzialità in centri diurni, fino alla residenze sanitarie e assistenziali in grado di offrire sempre elevati standard qualitativi, avendo in mente interventi riabilitativi e terapeutici con l’obiettivo di far tornare a casa i pazienti anziani. Il Recovery plan sarà l’occasione per muoversi verso questa sanità centrata sul paziente e sulle sue necessità”. All’incontro di oggi hanno preso parte: Ada, Agespi, Anaste, Anci, Anteas, Aris, Auser, 50&più, Cisl Pensionati, Cittadinanzattiva, Confcooperative, Federanziani, Federazione Alzheimer, Fondazione Promozione Sociale, Ugl Sanità, Uneba e W gli anziani.

https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_4_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=salastampa&p=comunicatistampa&id=5752

Cosa chiediamo:

  • che tutte le decisioni in merito alla costruzione di Case di riposo, RSA ed affini vengano prese a seguito dell’implementazione del PNRR nel territorio pordenonese;
  • un PDTA[1] operativo a breve e strutturato ex novo secondo modalità omogenee sul territorio con l’implementazione adeguata di personale (medici, neuropsicologi, assistenti sociali e terapisti occupazionali);
  • centri diurni pubblici nella città di Pordenone per almeno un numero di posti equivalente a quello indicato nella costruzione della casa di risposo di Villanova;
  • dare priorità a progetti di abitare possibile ed in generale tutte le forme di presa in carico leggera per un numero equivalente di posti indicati sopra;
  • eventuali strutture protette devono essere inserite in contesti attigui alle Case di Comunità;
  • eventuali strutture protette devono essere costruite con la previsione e l’assicurazione che sia disponibile il personale specializzato (infermieri, OSS, educatori e tecnici tutti adeguatamente formati) per la messa in opera di tali strutture. Al momento non ci sono abbastanza infermieri e operatori socio-sanitari per le strutture già esistenti, figuriamoci se ci  sono abbastanza OSS ed infermieri per una struttura ad alta intensità di assistenza. Siamo a disposizione per implementare, insieme alla facoltà di scienze infermieristiche ed ai centri di formazione per OSS regionali, un piano formativo dedicato al personale di queste strutture;
  • la Regione, Asfo e i Comuni devono promuovere momenti di confronto, a scadenza predeterminata, per valutare quale sia la reale ricaduta dei servizi sui cittadini. Vanno potenziate tutte le attività di prossimità. Vanno sostenute tutte le pratiche non sanitarie il cui beneficio impatta direttamente sulla qualità di vita del paziente cronico e/o fragile.

Chiediamo la piena integrazione socio sanitaria[2] di modo che le famiglie non vengano sbattute da un servizio all’altro con l’unica funzione di ridurre i costi per il servizio pubblico, aumentando e scaricando i costi per la cura dei propri cari sulle famiglie.

Se i dati diffusi sull’incidenza della malattia a livello regionale sono esatti ci saranno 30 mila persone affette da demenza entro il 2030. Che facciamo? Manteniamo lo standard di servizi attuale e poi dal 2026 confermiamo uno stato di emergenza oppure lavoriamo da oggi insieme, famiglie e pubbliche istituzioni pianificando un sistema efficiente? Lasciamo che sia il privato (puro o sociale con asp comprese) a dettare le priorità?

Ed infine, ma non meno importante

Non possiamo più pensare ad un sistema sociale sganciato dal sistema salute, l’integrazione socio sanitaria va governata politicamente.

https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/14475-disabili-e-non-autosufficienza-ecco-le-misure-in-legge-di-bilancio-2022.html

https://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/bilancio_aperto/index.html

Nella legge di bilancio 2022 numerosi articoli riguardano l’istituzione di nuovi servizi e prestazioni a sostegno dei disabili, degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie, con una riorganizzazione strutturale e  ingenti finanziamenti, che si affiancano a  quelli previsti dal PNRR.

La legge di bilancio del 2022, all’art. 43 prevede la riconversione delle attuali case di riposo in servizi di domiciliarietà e LEP (livelli essenziali delle prestazioni.) [3]. Non potevamo spendere 9 milioni di euro in questa riconversione e riprogettazione avanzata, prevista dalla norma della legge di bilancio dello stato?

E’noto che le attività dei Distretti Sanitari devono essere potenziate: attività di cura, sostegno e riabilitazione erogate dai Distretti Sanitari attraverso l’assistenza infermieristica domiciliare (ADI), i Medici di medicina generali (MMG), RSA e servizi specialistici del territorio. Dobbiamo sostenere strutture di prossimità ispirate al principio della piena integrazione sociosanitaria per la promozione e la prevenzione della salute, nonché per la presa in carico e la riabilitazione delle categorie più fragili, in cui vengano coinvolte tutte le istituzioni presenti sul territorio unitamente al volontariato locale ed a enti del terzo settore no profit. I progetti proposti dalle strutture di prossimità devono ridurre le logiche di istituzionalizzazione, favorire la domiciliarietà e consentire la valutazione dei risultati ottenuti.

La missione 5 del PNRR prevede proprio il finanziamento per la riconversione di case di riposo in strutture. L’investimento vale nel suo complesso 500 milioni e si articola in interventi da realizzare da parte dei Comuni, singoli o in associazione (Ambiti sociali territoriali). La linea di attività più corposa del progetto (oltre 300 milioni) è finalizzata a finanziare la riconversione delle RSA e delle case di riposo per gli anziani in gruppi di appartamenti autonomi.

https://temi.camera.it/leg18/post/OCD15_14427/pnrr-risorse-missione-inclusione-e-coesione-m5.html

Sicuri che le nostre istanze verranno valutate nelle sedi opportune, confidando di aver contribuito in modo importane alla discussione sul lavoro di cura, porgiamo i nostri più cordiali saluti.

La Presidente Daniela Mannu

con il Direttivo di AFAP onlus

Pordenone, 23.12.2021

Associazione Familiari Alzheimer Pordenone onlus

Largo Cervignano 19/b

33170 Pordenone 3663400253

segreteria@alzheimer-pordenone.org

afaponlus@pec.

[1] La filiera dei servizi socio-sanitari va implementata partendo dai bisogni di salute della comunità pordenonese. I servizi socio-sanitari devono assicurare una risposta unitaria, coordinata e continua ai bisogni della comunità. Dobbiamo creare percorsi diagnostici terapeutici volti alla gestione delle cronicità proponendo la medicina d’iniziativa: ovvero un modello assistenziale di gestione delle malattie croniche che non aspetta il cittadino in ospedale (sanità di attesa), ma gli “va incontro” prima che le patologie insorgano o si aggravino, garantendo quindi al paziente interventi adeguati e differenziati in rapporto al livello di rischio, puntando anche sulla prevenzione e sull’educazione. In tal senso utile iniziare a sperimentare la figura dell’infermiere di famiglia previsto dalla legge 77/2020: viene declinato come professionista della salute che riconosce e cerca di mobilitare risorse all’interno delle comunità, comprese le competenze, le conoscenze e il tempo di individui, gruppi e organizzazioni per la promozione della salute e del benessere nella comunità. Sosteniamo l’importanza di coinvolgere le famiglie e le assistenti familiari nel patto di cura di persone particolarmente fragili (pazienti a maggiore complessità). Famiglie e assistenti familiari vanno valorizzati con scelte politiche locali adeguate, implementando attività di formazione continua.

[2] E inoltre necessario leggere quanto previsto dal PNRR in riferimento al potenziamento e alla riorganizzazione della medicina territoriale; in particolare l’emergenza pandemica ha evidenziato con chiarezza la necessità di rafforzare la capacità del SSR di fornire servizi adeguati sul territorio. Non solo il processo di invecchiamento della popolazione italiana prosegue, ma una quota significativa e crescente della stessa, pari circa al 40%, è afflitta da malattie croniche. Il progetto di realizzare la Casa della Comunità consente di potenziare e riorganizzare i servizi offerti sul territorio migliorandone la qualità. La presenza degli assistenti sociali nelle Case della Comunità rafforzerà il ruolo dei servizi sociali territoriali nonché una loro maggiore integrazione con la componente sanitaria assistenziale. Casa come primo luogo di cura e telemedicina

In linea con le raccomandazioni della Commissione Europea del 2019, il potenziamento dei servizi domiciliari è un obiettivo fondamentale. L’investimento mira ad aumentare il volume delle prestazioni rese in assistenza domiciliare fino a prendere in carico, entro la metà del 2026, il 10 percento della popolazione di età superiore ai 65 anni (in linea con le migliori prassi europee). L’intervento si rivolge in particolare ai pazienti di età superiore ai 65 anni con una o più patologie croniche e/o non autosufficienti. (PNRR nazionale )

[3] art. 43 del disegno di legge di Bilancio 2022 e LEP.( testo del 21 dic. 2021). A seguito dell’approvazione della Riforma del Titolo V della Costituzione di cui alla legge costituzionale n. 3/2001, la nozione di livelli essenziali delle prestazioni (LEP) è stata estesa su tutto il territorio nazionale ed è stata costituzionalizzata. L’art. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione stabilisce, infatti, che spetta allo Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.