Campagna: “Le idee hanno le gambe lunghe”

Campagna:

“Le idee hanno le gambe lunghe”

Il 1 febbraio 2011 usciva una delibera dell’allora Direttore Sanitario dell’Azienda Ospedaliere santa Maria degli Angeli di Pordenone, DOTT. Pier Willy Mercante, in cui si autorizza l’utilizzo del timbro UVA (Unità di Valutazione Alzheimer) per la ricaduta operativa (in pratica si autorizza l’apertura di una Unità di Valutazione Alzheimer presso l’Ospedale di San Vito). Nella stessa circolare si auspica la collaborazione tra SC di Neurologia di Pordenone e di San Vito.

Ora, in una situazione grave, come quella di Pordenone, in cui ancora oggi, i nostri soci denunciano ritardi e malfunzionamenti dell’interno sistema dedicato ai malati di demenza ed Alzheimer presso il Centro Disturbi Cognitivi dell’Azienda Ospedaliera di Pordenone (AOPN), tutto tace e ci chiediamo, se tutto l’iter burocratico è stato esperito e come mai l’UVA dell’Ospedale di San Vito (oggi AOPN) non sia già operativa.

Vi sono problemi legati alla gestione delle risorse, allo spazio, alla rotazione del personale che non erano stati valutati in anticipo alla delibera?
Abbiamo più volte chiesto appuntamento al direttore Generale Zanelli per chiarimenti in merito, completamente inascoltati.
Per cui, in solitudine e dal grigiore che la nostra condizione ci impone, abbiamo deciso di rispondere, come sempre, proponendo le nostre idee attraverso una campagna chiara, visibile, identificabile in cui riproponiamo, al nulla più assoluto del nostro territorio, non servizi, ma attività tangibili e godibili dai nostri iscritti: attività di formazione permanente per adulti sul tema delle malattie neurologiche ogni 15 del mese presso la casa del volontariato di Sacile, attività di stimolazione cognitiva e attività di socializzazione per malati e familiari (laboratori di lettura, pic nic, visite a parchi, visite a musei).
Queste attività ci rendono visibili e rompono l’alone di incomprensione che ci circonda quotidianamente.

per il direttivo tutto
Daniela Mannu

Nota:
Il 3 aprile Riccardo Rienzi pubblicava sul Corriere un articolo importante sulla questione UVA in Italia che ripropone in modo chiaro e comprensibile la nostra situazione.

Vi proponiamo un breve estratto:

il progetto “Cronos”, avviato nel 2000, che prevedeva l’istituzione sul territorio di circa 700 Uva (Unità di valutazione Alzheimer) che avevano il compito di individuare i malati, valutarne il grado di compromissione, mettere a punto le terapie possibili e fornire i farmaci per i primi mesi, collaborando poi con i medici di famiglia. L’obiettivo era quello di creare una rete di centri di riferimento specialistici.
«Non si capisce come le famiglie possono individuare il centro di cura dove portare il congiunto», ha denunciato in un recente convegno Nicola Vanacore dell’Istituto superiore di Sanità.

Inoltre, ha aggiunto Vanacore, «accanto a realtà d’avanguardia c’è un 25 per cento di Uva che sono aperte un solo giorno alla settimana e un 8 per cento in cui è presente, quando può, un solo medico».
È il tipico ritratto della sanità italiana: da una parte centri di vera eccellenza (e alcuni lo erano già da prima del progetto), che hanno cercato di sviluppare i propri compiti verso l’assistenza ai malati e alle loro famiglie, dall’altra strutture burocratiche e vaste aree del Paese scoperte.

Serve personale specializzato, per esempio gli psicologi. E così ci sono quelli che si sono dati da fare, soprattutto per trovare le risorse, altri che si sono limitati al minimo. Ora servirà ben altro: è necessario rifinanziare, potenziare i centri, dare loro maggiori risorse.
Perché anche i migliori oggi sono ricompensati con un enorme carico di lavoro e una domanda crescente, che resta spesso insoddisfatta.