Comunicato Auser

Comunicato stampa

Tagli, riduzioni, ridimensionamenti: tempi duri per il welfare 
I Servizi Sociali affidati sempre di più al Terzo Settore

Presentato a Roma il IV Rapporto Nazionale sulla relazione fra Enti Locali e Terzo Settore

I tagli inferti ai trasferimenti statali ai Comuni, la progressiva riduzione dei fondi sociali, le nuove misure restrittive introdotte nel pubblico impiego, il dimagrimento degli organici pubblici imposto dal Patto di Stabilità, stanno provocando conseguenze devastanti nel sistema dei Servizi Sociali del nostro Paese.

Un momento difficilissimo per il nostro Welfare. Per il 2011 si va verso un impoverimento dei servizi pubblici dei Comuni o l’innalzamento delle tariffe dei servizi. Con i comuni che puntano sempre di più sull’affidamento all’esterno dei servizi socio assistenziali, soprattutto alle associazioni, allo scopo di abbassare i costi con il ricorso al volontariato.

E’ il quadro allarmante messo in evidenza dal Quarto Rapporto Nazionale di Auser sulla relazione fra Enti Locali e Terzo Settore, presentato a Roma mercoledì 27 aprile.

Il 48,5% della spesa comunale per i servizi sociali, nei comuni con più di 50.000 abitanti, è impiegata dai Comuni per affidare all’esterno, imprese sociali ed associazioni, la gestione di interventi e servizi sociali. Un fenomeno cresciuto negli ultimi due anni, era il 44,5%. Un fenomeno con caratteristiche più marcate nei Comuni del Centro e del Sud con punte del 75,5% in Basilicata. Quali servizi? Strutture residenziali e ricoveri per anziani, assistenza, servizi per l’infanzia e gli asili nido.

Tagli, esternalizzazioni, riduzioni, snellimenti, ridimensionamenti sono parole che si rincorrono sempre di più ed a farne le spese sono i terminali di questa filiera: i cittadini che possono contare sempre meno su una efficace rete di servizi socio-assistenziali pubblici e locali.

Lo scenario
I Fondi nazionali per gli interventi sociali compreso il Fondo per le Politiche Sociali – Fnps- hanno perduto circa il 63% dei 1.472 milioni stanziati nel 2010.
La manovra della scorsa estate ha tagliato risorse agli Enti Locali per 14,8 miliardi di euro per gli anni 2011 e 2012 ed una nuova scure si abbatterà nuovamente.

Il lavoro socio-assistenziale sempre più “flessibile” e precario.
Nel periodo che va dal 1 gennaio 2010 al 31 marzo 2011, si è potuto osservare come le assunzioni di lavoratori attivate dai Comuni più grandi (con popolazione sopra i 5.000 abitanti, dunque tenuti all’applicazione del Patto di Stabilità), per l’erogazione di servizi socio-assistenziali, si siano indirizzate sempre più verso forme “flessibili” di prestazioni occasionali: tempo determinato, collaborazioni coordinate e continuative, contratti di somministrazione di manodopera e altre forme “anomale”. Su 186 assunzioni esaminate riguardanti il settore dei Servizi Sociali, solo in 24 casi si trattava di assunzione a tempo indeterminato; 53 a tempo determinato, 112 nella forma co.co.co, una forma quest’ultima ampiamente utilizzata da Comuni piccoli e grandi come Cagliari dove nelle ultime settimane sono stati reclutati decine di co.co.co nei ruoli di assistenti sociali e Venezia.

La “flessibilizzazione” del lavoro pubblico negli Enti Locali è ormai una realtà consolidata, tuttavia oggi le norme sollecitano le amministrazioni comunali ad abbandonare la strada del progressivo inquadramento negli organici delle diverse figure professionali reclutate negli ultimi anni con forme contrattuali a termine.

Le procedure di gara per l’affidamento dei servizi sociali, si ricorre sempre più al volontariato.

Sono state esaminate 112 procedure di gara pubblicate dai Comuni per il periodo settembre 2010 marzo 2011, per l’affidamento esterno – imprese sociali, cooperative, associazioni di volontariato- dei servizi sociali (assistenza domiciliare ed educativa, asilo nido, mensa, ecc.)per una spesa totale di 6,5 milioni di euro.

Gli stanziamenti di spesa risultano assai frammentati con una forte variabilità territoriale. Particolarmente significativo è il numero degli affidamenti “diretti”, pari a 88 (per un importo medio di circa 8.100 euro ciascuno), di cui ben 64 sono rivolti alle Associazioni di volontariato per la gestione di servizi sociali cosiddetti integrativi.

Negli ultimi mesi è cresciuto in modo considerevole il ricorso alle organizzazioni di volontariato da parte delle amministrazioni pubbliche locali. Ciò probabilmente allo scopo di contenere la spesa sociale a fronte della progressiva riduzione delle risorse pubbliche, tenuto conto che le associazioni si avvalgono di norma di prestazioni volontarie e gratuite dei propri soci; mentre, come è noto, le cooperative sociali e le imprese profit utilizzano manodopera retribuita.

L’affidamento “diretto” viene scelto soprattutto al Sud e nelle Isole (con percentuali che superano il 30%) meno nelle aree del Nord-ovest (18%). Si stima che, su un totale di 93 euro pro capite impegnati nel 2009 dai Comuni capoluogo di provincia e con più di 50mila abitanti per l’acquisto di prestazioni sociali, circa il 25% delle risorse vengano impiegate attraverso affidamenti diretti a cooperative sociali e ad associazioni, in assenza di gare ad evidenza pubblica e di selezioni o procedure negoziate (con la conseguente mancata applicazione dei principi di concorrenza ed equità introdotti dalla riforma dell’assistenza – legge 328/2000).

Sulla base dell’analisi dei bandi, dei capitolati di appalto e di ulteriori dati rilevati presso i Comuni, la gestione della spesa sociale comunale affidata all’esterno risulta principalmente a favore delle cooperative sociali, soprattutto nel Nord-Ovest (79%). Le Associazioni di Volontariato risultano affidatarie dei servizi sociali principalmente al Sud (28%) e nelle Isole (26%).

Le cooperative sociali gestiscono in particolare servizi di assistenza domiciliare agli anziani, interventi assistenziali di base (gestione di centri con ospiti residenziali), e servizi all’infanzia, specie quelli a carattere educativo e ricreativo. Alle Associazioni di volontariato i Comuni affidano in particolare la gestione di servizi cosiddetti innovativi e integrativi, di supporto agli interventi “complessi”: laboratori di animazione sociale; interventi di sollievo e supporto psicologico; trasporti sociali; accompagnamento; servizi agli immigrati.

Durata media del contratto: Fino ad un anno 34%; da 2 a 3 anni 48%; oltre i 3 anni 18%.
La breve durata degli incarichi costituisce elemento di forte incertezza nelle prestazioni di efficienza e di efficacia della spesa sociale.
Inoltre, circa il 15% delle gare sono state indette sulla base del criterio di aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante massimo ribasso sull’elenco delle offerte. Questa formula è volta a premiare esclusivamente i ribassi proposti dalle imprese sociali rispetto alla base d’asta o prezzo base progettato dal Comune, ignorando, in definitiva, le componenti tecniche e qualitative delle offerte.

Tale prassi è adottata ancora dai Comuni nonostante che la legge 328/2000 e le norme regionali di settore sollecitino, ormai da anni, le amministrazioni pubbliche ad abbandonarla. Va sottolineato che il fenomeno risulta molto più consistente al Sud, con una percentuale di bandi interessati al criterio di aggiudicazione del massimo ribasso, pari al 36% e nelle Isole (25%).
La legge di riforma dell’assistenza (328/2000) risulta largamente inapplicata, la co-progettazione e le capacità progettuali del Terzo Settore sono mortificate. I rapporti tra enti territoriali ed imprese sociali spesso si limitano all’affidamento della gestione dei servizi sociali in assenza di procedure codificate che promuovano la partecipazione ditali strutture alla fase di programmazione territoriale.

I Comuni e il Volontariato
Tra i Comuni capoluogo di provincia, 8 amministrazioni su 10 riconoscono in modo esplicito o argomentato nel loro Statuto la funzione e il valore del volontariato; tuttavia, solo il 55% dei Comuni ha confermato con specifiche linee guida per gli operatori comunali il ruolo e la funzione del volontariato.

Per quanto riguarda le regole per la certificazione degli organismi, quasi la metà dei Comuni dispongono di un albo delle sole organizzazioni di volontariato (lista dei fornitori e dei soggetti con cui essi hanno un rapporto fiduciario e su cui le Amministrazioni possono contare per specifici interventi). A tali albi specializzati occorre aggiungere quelli “generalisti”, cioè comprensivi di tutte le organizzazioni non profit che realizzano interventi o gestiscono servizi sociali.
Tuttavia, solo una minoranza tra i Comuni capoluogo ha istituito una Consulta del volontariato (1 Comune esaminato su 4). Si tratta di una prassi che riguarda in modo particolare le regioni del Centro, alcune province del Nord (Cuneo, Treviso, Varese, Como) e del Sud (Bari, Taranto, Cosenza, Palermo).

Questi dati confermano che al centro delle relazioni tra enti locali e Terzo settore c’è un enorme paradosso.
A fronte del rilevante apporto che Associazioni e Imprese sociali forniscono alla gestione dei servizi sociali, le amministrazioni pubbliche locali sono ancora inadempienti nella creazione di regole davvero efficienti e trasparenti, per consentire al Terzo settore di erogare servizi di qualità alla cittadinanza, e di giocare un ruolo importanti nella programmazione sociale e in termini di sussidiarietà orizzontale.

Tutto il materiale dell ricerca si può scaricare dal sito http://www1.auser.it/IT/HomePage 
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